In uno dei suoi libri, lo scrittore sardo Marcello Fois ricorda di aver
capito cosa significasse abitare in un’isola, quando all’età di nove
anni, i cugini continentali, al telefono,
lo avvertirono che da loro era arrivato l’album di figurine del
campionato di calcio. “Forse domani” continuava invece a ripetergli
l’edicolante sotto casa. Era il 1969 e il Cagliari si apprestava a
lottare fino all’ultimo per il titolo italiano con davanti la coppia
Riva-Boninsegna. La corsa verso il titolo si fermò al secondo posto,
alle spalle della Fiorentina. Ma la stagione seguente, 1969-70, i
rossoblù allenati dal compianto Manlio Scopigno, raggiunsero
un’incredibile successo, conquistando lo scudetto dopo essere balzati in
testa alla quinta giornata. L’isola lontana, dove le figurine
arrivavano sempre domani, grazie alle reti di Riva e compagni, portò
“oltremare” una diversa idea di se stessa. Presentata come terra di
pecorai, banditi e latitanti, consumava la sua rivincita sociale,
sentendosi allo stesso tempo ancora più regione e “patria” ma come
scrisse qualcuno, anche e per la prima volta, un pezzo rispettabile
d’Italia. Corrado Nastasio, livornese, fu tra i sedici di quella rosa.
Con lui ripercorriamo brevemente alcuni momenti di quell’indimenticabile
scudetto a quarant’anni dalla sua conquista.
Il vice Riva
In continente la Sardegna era conosciuta per i rapimenti e la figura di Graziano Mesina. L’arrivo dell’Aga Khan fece conoscere la Sardegna a livello turistico: una terra bellissima rimasta allo stato naturale, con un mare incontaminato, montagne e paesini isolati. Nello stesso periodo venne fuori anche un certo Gigi Riva, che presto diventò il simbolo del calcio sardo. Rifiutò di andare alla Juventus nonostante la pressione di Agnelli che promise di fare un ospedale con 500 posti letto a Oristano. Ma Gigi Riva non accettò. Dopo il secondo posto nel 1969 la società voleva esplodere e provare a portare lo scudetto in Sardegna. Intercettarono anche me che potevo essere l’uomo ideale per fare i cross a Riva. Ma andò che Boninsegna litigò con Riva e a quell’epoca eravamo pagati da Angelo Moratti che aveva degli interessi nelle raffinerie di Sarroch. Così Boninsegna tornò all’Inter e arrivarono in cambio, fortunatamente per il Cagliari, sfortunatamente per me Domenghini, Poli e Gori che in seguito formarono il trio della Nazionale. Io rimasi a fare il vice-Riva, titolo che mi danno ancora oggi e che porto con un immutato orgoglio.
Grazianeddu
All’epoca mi è capitato di vedere dei processi di Mesina e posso garantire che facevano lo stesso effetto di una partita di calcio. Le persone accorrevano a centinaia ad ammirarlo, applaudirlo e sostenerlo. Fuori e dentro i tribunali si accalcavano ad aspettare le sentenze, tra l’altro già scritte, ma per tutti, era “il bandito buono”.
La foto di Giggi
Nel tempo libero una volta mi feci coinvolgere in una battuta di caccia con Domenghini, Gori, Poli e altri calciatori appassionati. Mio babbo era un cacciatore e l’idea mi affascinava. Uscii con la mia macchina, all’epoca avevo un’ Alfa 2000 e comprai un Franchi 5 colpi e 600 cartucce. Poi mi fermai in un negozio di mobili a chiedere della informazione, e quando tornai fuori mi accorsi che la macchina non c’era più. Ero disperato, per la macchina chiaramente, ma soprattutto per il fucile con 600 cartucce. Dentro il cruscotto avevo una foto fatta con Gigi Riva, io e lui insieme. Devono averla vista. Dopo pochi giorni mi hanno recapitato tutto, il fucile, le 600 cartucce e la macchina parcheggiata fuori casa.
Via Garibaldi
C’era una pressione incredibile intorno a noi, un seguito fuori dal normale ma anche grande rispetto da parte dei tifosi. Frequentavamo spesso via Garibaldi a Cagliari: trovavi Gori e Albertosi che giocavano a carte nei bar, Riva che beveva tranquillamente l’aperitivo e noi più giovani a passeggio. Ci adoravano, eravamo tanti reucci intorno al re.
12 aprile 1970
Ogni domenica era una battaglia ed eravamo trascinati da un pubblico meraviglioso. Quella con il Bari era la partita che ci avrebbe dato lo scudetto e giocavamo in casa. Prima della partita i carabinieri arrestano due latitanti presenti allo stadio. Riva che aveva una certa autorità viene a sapere del fatto e chiese ai carabinieri che i latitanti potessero assistere alla partita. A fine gara i carabinieri bussarono allo spogliatoio coi due latitanti in manette che prima di essere portati via avevano chiesto di poterci conoscere e salutare. Poi iniziò un’incredibile festa per le strade e per giorni non abbiamo dormito.
40 anni dopo
Il gruppo che vinse lo scudetto era stretto da un’amicizia che è stata dimostrata anche 40 anni dopo per la festa che ha organizzato il coordinamento dei club dei tifosi del Cagliari. Eravamo tutti e 16 presenti e per due giorni che siamo stati insieme abbiamo rivissuto tanti di quei momenti perché uno scudetto con il Cagliari non può essere dimenticato. E poi il calcio non era come ora, si guadagnava bene ma non troppo, le rose erano ristrette, ci si allenava poco e niente e qualcuno fumava tra primo e secondo tempo: cose impensabili per oggi.
Orlando Santesidra
http://www.senzasoste.it/
Il vice Riva
In continente la Sardegna era conosciuta per i rapimenti e la figura di Graziano Mesina. L’arrivo dell’Aga Khan fece conoscere la Sardegna a livello turistico: una terra bellissima rimasta allo stato naturale, con un mare incontaminato, montagne e paesini isolati. Nello stesso periodo venne fuori anche un certo Gigi Riva, che presto diventò il simbolo del calcio sardo. Rifiutò di andare alla Juventus nonostante la pressione di Agnelli che promise di fare un ospedale con 500 posti letto a Oristano. Ma Gigi Riva non accettò. Dopo il secondo posto nel 1969 la società voleva esplodere e provare a portare lo scudetto in Sardegna. Intercettarono anche me che potevo essere l’uomo ideale per fare i cross a Riva. Ma andò che Boninsegna litigò con Riva e a quell’epoca eravamo pagati da Angelo Moratti che aveva degli interessi nelle raffinerie di Sarroch. Così Boninsegna tornò all’Inter e arrivarono in cambio, fortunatamente per il Cagliari, sfortunatamente per me Domenghini, Poli e Gori che in seguito formarono il trio della Nazionale. Io rimasi a fare il vice-Riva, titolo che mi danno ancora oggi e che porto con un immutato orgoglio.
Grazianeddu
All’epoca mi è capitato di vedere dei processi di Mesina e posso garantire che facevano lo stesso effetto di una partita di calcio. Le persone accorrevano a centinaia ad ammirarlo, applaudirlo e sostenerlo. Fuori e dentro i tribunali si accalcavano ad aspettare le sentenze, tra l’altro già scritte, ma per tutti, era “il bandito buono”.
La foto di Giggi
Nel tempo libero una volta mi feci coinvolgere in una battuta di caccia con Domenghini, Gori, Poli e altri calciatori appassionati. Mio babbo era un cacciatore e l’idea mi affascinava. Uscii con la mia macchina, all’epoca avevo un’ Alfa 2000 e comprai un Franchi 5 colpi e 600 cartucce. Poi mi fermai in un negozio di mobili a chiedere della informazione, e quando tornai fuori mi accorsi che la macchina non c’era più. Ero disperato, per la macchina chiaramente, ma soprattutto per il fucile con 600 cartucce. Dentro il cruscotto avevo una foto fatta con Gigi Riva, io e lui insieme. Devono averla vista. Dopo pochi giorni mi hanno recapitato tutto, il fucile, le 600 cartucce e la macchina parcheggiata fuori casa.
Via Garibaldi
C’era una pressione incredibile intorno a noi, un seguito fuori dal normale ma anche grande rispetto da parte dei tifosi. Frequentavamo spesso via Garibaldi a Cagliari: trovavi Gori e Albertosi che giocavano a carte nei bar, Riva che beveva tranquillamente l’aperitivo e noi più giovani a passeggio. Ci adoravano, eravamo tanti reucci intorno al re.
12 aprile 1970
Ogni domenica era una battaglia ed eravamo trascinati da un pubblico meraviglioso. Quella con il Bari era la partita che ci avrebbe dato lo scudetto e giocavamo in casa. Prima della partita i carabinieri arrestano due latitanti presenti allo stadio. Riva che aveva una certa autorità viene a sapere del fatto e chiese ai carabinieri che i latitanti potessero assistere alla partita. A fine gara i carabinieri bussarono allo spogliatoio coi due latitanti in manette che prima di essere portati via avevano chiesto di poterci conoscere e salutare. Poi iniziò un’incredibile festa per le strade e per giorni non abbiamo dormito.
40 anni dopo
Il gruppo che vinse lo scudetto era stretto da un’amicizia che è stata dimostrata anche 40 anni dopo per la festa che ha organizzato il coordinamento dei club dei tifosi del Cagliari. Eravamo tutti e 16 presenti e per due giorni che siamo stati insieme abbiamo rivissuto tanti di quei momenti perché uno scudetto con il Cagliari non può essere dimenticato. E poi il calcio non era come ora, si guadagnava bene ma non troppo, le rose erano ristrette, ci si allenava poco e niente e qualcuno fumava tra primo e secondo tempo: cose impensabili per oggi.
Orlando Santesidra
http://www.senzasoste.it/
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