mercoledì 5 giugno 2013

L'impresa di Duckadam

Era il 7 maggio 1986, erano passati pochi giorni dal disastro di Cernobyl e il mondo non era ancora a conoscenza dell’immane tragedia. Quel giorno il Barcellona perse inaspettatamente ai rigori la sua seconda finale di Coppa Campioni, dopo quella altrettanto drammatica di Berna nel 1961. Stavolta tutto sembrava pronto per il trionfo del Barça “inglese” allenato da Terry Venables contro un rivale apparentemente abbordabile come i semisconosciuti della Steaua Bucuresti, espressione di un paese di oltre Cortina. E poi si giocava al “Ramón Sánchez Pizjuán” di Siviglia, dove apparve solo uno sparuto gruppo di un migliaio di romeni, opposti a 60mila culés che animavano i catalani.
Invece, come qualcuno ricorderà, non tutto andò come previsto, soprattutto per merito di Helmuth Duckadam, la cui impresa è rimasta unica nella storia del calcio. L’alto portiere della Steaua, con i suoi grandi baffi e l’aderente maglietta verde, parò tutti e quattro i rigori tirati dal Barcelona, regalando un inatteso trionfo alla sua squadra. Ma il destino era in agguato: quella fu la sua ultima partita a livello internazionale. All’improvviso, a soli 27 anni, subito dopo essere entrato nell’Olimpo del calcio, fu misteriosamente costretto a terminare la sua carriera.
Quella era un’altra epoca, immediatamente precedente al grande business della Champions League. Il calcio era ancora ruspante e le televisioni non ne costituivano ancora l’aspetto più importante. Esistevano tre coppe europee, le cui epiche sfide si giocavano solo di mercoledì. Alla più nobile, la Coppa Campioni, accedeva solo il vincitore di ogni campionato, ma vi partecipavano tutti i paesi, non solo quelli più ricchi.
Ogni tanto capitava che un piccolo club senza molti soldi, magari proveniente da un paese “esotico”, riuscisse nell’impresa di eliminare un ricco squadrone dell’Europa Occidentale. Poi, qualche anno dopo, arrivarono la musichetta e gli sponsor della Champions, le cui fasi a gruppi assicurano a ogni partecipante almeno sei partite, anche se alcune sono spesso inutili.
Tornando alla Coppa Campioni 1986, nella semifinale di andata la Steaua fu sconfitta a Bruxelles dall’Anderlecht del futuro interista Vincenzo Scifo, autore dell’unica rete. Nell’infuocata atmosfera dello “Stadionul Ghencea” riuscì poi a ribaltare il risultato con un entusiasmante 3 a 0, con due gol di Piturca e uno di Balint.
Nella finale di Siviglia il Barça era l'evidente favorito e i romeni non avevano grosse velleità. La Steaua riuscì ad addormentare la partita e i meccanismi del Barça si incepparono. Al novantesimo il risultato era ancora inchiodato sullo 0 a 0 e così rimase anche nei supplementari. Poi i tre fischi dell’arbitro francese Michel Vautrot confermarono che la partita si sarebbe decisa ai rigori.
Il primo toccò alla Steaua, ma Majearu lo sbagliò. Poi Duckadam compì il primo miracolo su Alexanko, Urruti intercettò il tiro di Bölöni e di nuovo il portierone romeno fermò il tiro di Pedraza. Era una situazione paradossale, mai vissuta in una finale: dopo 120 minuti e quattro rigori la partita era ancora bloccata sullo 0 a 0.
Finalmente Marius Lacatus riuscì a violare per la prima volta le reti del “Sánchez Pizjuán”, scagliando il pallone proprio al centro della porta e l’estremo difensore vestito di verde indovinò il rigore di Pichi Alonso. Balint segnò il 2 a 0 e Duckadam parò anche il quarto di Marcos Alonso, compiendo un’impresa storica e diventando un eroe nazionale. I culés che affollavano lo stadio di Siviglia e gli altri milioni di fronte al televisore non potevano credere ai loro occhi.
Quando la Steaua ritornò in Romania venne organizzata una festa senza precedenti. Ma proprio quando aveva toccato il cielo con un dito, la carriera di Duckadam si spezzò. La finale di Siviglia fu la sua ultima partita disputata ad alto livello: difatti al termine del campionato romeno Duckadam tornò al suo villaggio per le vacanze, e come racconta il protagonista, un maledetto aneurisma (ovvero una dilatazione progressiva di un segmento di un’arteria, causata da un’anomalia della parete del vaso sanguigno) lo colpì al braccio sinistro. Lo operarono d’urgenza e rimase in ospedale due mesi.
All’inizio i medici temevano di dovergli amputare il braccio; per fortuna non accadde, ma "l'Eroe di Siviglia" non poté tornare a giocare. Il club lo invitò ad accompagnare la spedizione a Tokyo, dove la Steaua perse la Coppa Intercontinentale contro il River Plate (0 a 1, gol dell’uruguagio Antonio Alzamendi) ma subito dopo lo scaricò senza tanti complimenti Duckadam, pochi mesi dopo aver regalato alla Steaua il suo massimo alloro, non ebbe altra scelta che ritornare mestamente ad Arad e arrangiarsi per sopravvivere come un cittadino qualsiasi. Poi Duckadam entrò nella polizia di frontiera a Nadlac, un villaggio al confine con l’Ungheria non lontano da dov’era nato. Dopo sette anni, durante i quali aveva raggiunto il grado di maggiore, riuscì ad andare in pensione per il suo problema fisico.
Nonostante tutto, Duckadam non si allontanò dal calcio e nel 1989 divenne presidente di un piccolo club di Arad, il Vagonul, con cui entrò come riserva una dozzina di volte, ma solo per divertimento.
Nello scorso agosto è stato nominato presidente onorario della Steaua Bucarest.

 

   
Foto: BAR SPORT racconta:
 L’IMPRESA DI DUCKADAM, il portiere para-rigori dello Steaua.

Era il 7 maggio 1986, erano passati pochi giorni dal disastro di Cernobyl’ e il mondo non era ancora a conoscenza dell’immane tragedia. Quel giorno il Barcellona perse inaspettatamente ai rigori la sua seconda finale di Coppa Campioni, dopo quella altrettanto drammatica di Berna nel 1961. Stavolta tutto sembrava pronto per il trionfo del Barça “inglese” allenato da Terry Venables contro un rivale apparentemente abbordabile come i semisconosciuti della Steaua Bucuresti, espressione di un paese di oltre Cortina. E poi si giocava al “Ramón Sánchez Pizjuán” di Siviglia, dove apparve solo uno sparuto gruppo di un migliaio di romeni, opposti a 60mila culés che animavano i catalani.
Invece, come qualcuno ricorderà, non tutto andò come previsto, soprattutto per merito di Helmuth Duckadam, la cui impresa è rimasta unica nella storia del calcio. L’alto portiere della Steaua, con i suoi grandi baffi e l’aderente maglietta verde, parò tutti e quattro i rigori tirati dal Barcelona, regalando un inatteso trionfo alla sua squadra. Ma il destino era in agguato: quella fu la sua ultima partita a livello internazionale. All’improvviso, a soli 27 anni, subito dopo essere entrato nell’Olimpo del calcio, fu misteriosamente costretto a terminare la sua carriera.
Quella era un’altra epoca, immediatamente precedente al grande business della Champions League. Il calcio era ancora ruspante e le televisioni non ne costituivano ancora l’aspetto più importante. Esistevano tre coppe europee, le cui epiche sfide si giocavano solo di mercoledì. Alla più nobile, la Coppa Campioni, accedeva solo il vincitore di ogni campionato, ma vi partecipavano tutti i paesi, non solo quelli più ricchi.
Ogni tanto capitava che un piccolo club senza molti soldi, magari proveniente da un paese “esotico”, riuscisse nell’impresa di eliminare un ricco squadrone dell’Europa Occidentale. Poi, qualche anno dopo, arrivarono la musichetta e gli sponsor della Champions, le cui fasi a gruppi assicurano a ogni partecipante almeno sei partite, anche se alcune sono spesso inutili.
Tornando alla Coppa Campioni 1986, nella semifinale di andata la Steaua fu sconfitta a Bruxelles dall’Anderlecht del futuro interista Vincenzo Scifo, autore dell’unica rete. Nell’infuocata atmosfera dello “Stadionul Ghencea” riuscì poi a ribaltare il risultato con un entusiasmante 3 a 0, con due gol di Piturca e uno di Balint.
Nella finale di Siviglia il Barça era l'evidente favorito e i romeni non avevano grosse velleità. La Steaua riuscì ad addormentare la partita e i meccanismi del Barça si incepparono. Al novantesimo il risultato era ancora inchiodato sullo 0 a 0 e così rimase anche nei supplementari. Poi i tre fischi dell’arbitro francese Michel Vautrot confermarono che la partita si sarebbe decisa ai rigori.
Il primo toccò alla Steaua, ma Majearu lo sbagliò. Poi Duckadam compì il primo miracolo su Alexanko, Urruti intercettò il tiro di Bölöni e di nuovo il portierone romeno fermò il tiro di Pedraza. Era una situazione paradossale, mai vissuta in una finale: dopo 120 minuti e quattro rigori la partita era ancora bloccata sullo 0 a 0.
Finalmente Marius Lacatus riuscì a violare per la prima volta le reti del “Sánchez Pizjuán”, scagliando il pallone proprio al centro della porta e l’estremo difensore vestito di verde indovinò il rigore di Pichi Alonso. Balint segnò il 2 a 0 e Duckadam parò anche il quarto di Marcos Alonso, compiendo un’impresa storica e diventando un eroe nazionale. I culés che affollavano lo stadio di Siviglia e gli altri milioni di fronte al televisore non potevano credere ai loro occhi.
Quando la Steaua ritornò in Romania venne organizzata una festa senza precedenti. Ma proprio quando aveva toccato il cielo con un dito, la carriera di Duckadam si spezzò. La finale di Siviglia fu la sua ultima partita disputata ad alto livello: difatti al termine del campionato romeno Duckadam tornò al suo villaggio per le vacanze, e come racconta il protagonista, un maledetto aneurisma (ovvero una dilatazione progressiva di un segmento di un’arteria, causata da un’anomalia della parete del vaso sanguigno) lo colpì al braccio sinistro. Lo operarono d’urgenza e rimase in ospedale due mesi. 
All’inizio i medici temevano di dovergli amputare il braccio; per fortuna non accadde, ma "l'Eroe di Siviglia" non poté tornare a giocare. Il club lo invitò ad accompagnare la spedizione a Tokyo, dove la Steaua perse la Coppa Intercontinentale contro il River Plate (0 a 1, gol dell’uruguagio Antonio Alzamendi) ma subito dopo lo scaricò senza tanti complimenti Duckadam, pochi mesi dopo aver regalato alla Steaua il suo massimo alloro, non ebbe altra scelta che ritornare mestamente ad Arad e arrangiarsi per sopravvivere come un cittadino qualsiasi. Poi Duckadam entrò nella polizia di frontiera a Nadlac, un villaggio al confine con l’Ungheria non lontano da dov’era nato. Dopo sette anni, durante i quali aveva raggiunto il grado di maggiore, riuscì ad andare in pensione per il suo problema fisico.
Nonostante tutto, Duckadam non si allontanò dal calcio e nel 1989 divenne presidente di un piccolo club di Arad, il Vagonul, con cui entrò come riserva una dozzina di volte, ma solo per divertimento.
Nello scorso agosto è stato nominato presidente onorario della Steaua Bucarest.

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