Il giorno che gli tirarono
di tutto, Hugo fece pace con il mondo grazie a una scopa. Si avete
capito bene una scopa, di quelle che gli addetti dello stadio usavano
per ripulire il terreno di gioco dopo la gettata
dei coriandoli e delle lunghissime strisce di carta, che come una
cascata in piena accoglievano l’ingresso in campo delle squadre. La
Bombonera a Hugo Gatti, non aveva immediatamente perdonato il suo
passato con la maglia degli odiati rivali del River.
Lo chiamavano il “Loco” di soprannome, cioè matto, e lui effettivamente non faceva nulla per smentire l’accostamento semantico.
Hugo Orlando Gatti, faccia da indio a dispetto di un cognome
italianissimo, look istrionico con capelli lunghi stretti sulla fronte
da una fascetta da tennista, maglioni variopinti con le sue iniziali a
caratteri cubitali, calzettoni cadenti e “decadenti”, unito a un modo
originalissimo di intendere il ruolo di portiere che avrebbe fatto
proselitismo, nacque a Carlos Tejedor sobborgo della grande Baires, il
19 gennaio 1944.
Gatti debuttò nel massimo campionato
argentino appena diciottenne nelle file dell' Atlanta. L’anno dopo però
eccolo al River Plate.
E il suo peccato originale si compie.
Eppure lassù nel quartiere benestante di Nunez, era stato chiamato
nientemeno che a sostituire Amedeo Carrizo, il più grande numero uno
della storia “milionaria”. Fu un fiasco totale, forse anche perché il
modo di intendere il gioco di Gatti si discostava davvero troppo da
quello più “conforme” del vecchio idolo della tifoseria biancorossa.
Così Gatti passò all’Union di Santa Fè, dove incontrò un matto come lui e
l’unione delle rispettive pazzie creo il genio. Si trattava di mister
Juan Carlos Lorenzo, che quando fu chiamato a dirigere il Boca nel 1976
pensò bene di portarselo dietro seppure per Hugo l’anagrafe non fosse
così clemente. E fu amore, tanto amore, ma prima occorse spazzare..
Torniamo all’inizio. Infastidito dai continui lanci di carta e ortaggi
verso la sua porta, decise di rispondere con l’ironia. Saltò un
cartellone pubblicitario, prese fra le mani una ramazza, e con grande
“nonchalance” pulì, da consolidato giardiniere, tutta l’area di rigore.
Incredulità, applausi, totem.
Certo per rafforzare la sua posizione occorse in verità anche qualche
bella parata, talmente belle e particolari, da essere, tecnicamente
parlando un paradosso del ruolo, ma armonia della bellezza, e ad un
certo punto i tifosi del Boca Juniors si divertivano di più a vedere
attaccare le squadre avversarie solo per il gusto di guardare le
reazioni e gli interventi del loro portiere. E lui il “Loco” lo aveva
subito capito, tanto che ormai saldo sul tempio della devozione laica,
ogni tanto si metteva pure a dribblare vicino alla sua porta un paio di
attaccanti dell’altra squadra. Un giorno del 1977 durante un
evidentemente troppo noioso Boca -Independiente, partita in cui il
‘Diablo Rojo’ non tira praticamente mai in porta, Hugo trentaduenne con
ancora l’abilità di un felino, decide di arrampicarsi sulla traversa
della porta e si siede su essa, così giusto per riposarsi un po’ in
attesa di notizie dal campo. La Bombonera ovviamente scoppia in un boato
che nemmeno un gol in una finale avrebbe provocato.
Ma c’è
dell’altro ed è forse l’aneddoto più famoso, vale a dire una figuraccia
che gli inflisse il signor Maradona. Si perché Hugo Gatti ha avuto una
carriera talmente sconfinata che ha avuto la fortuna di giocare sia con
una leggenda come Amadeo Carrizo, sia con Diego.
E’ l’otto 8 agosto 1980. Il giorno dopo si deve giocare Boca Juniors-Argentinos Juniors.
Tra le fila de “Los Bichos Colorados”, letteralmente le formiche
colorate, gioca da qualche anno un giovane calciatore, appena ventenne,
etichettato da tutti come colui che diventerà il più grande. Il messia
del calcio che antichissime scritture inca avevano annunciato...
Oh, capiamoci, “El pelusa” Maradona lo amano un po’ tutti. Tutti,
guarda un po’ tranne che Gatti, a cui quel ragazzo proprio non va a
genio. E non ne fa certo un mistero con la stampa e la televisione.
“E' grassottello, “un gordito”.., faccio prima a saltarlo che a giragli intorno. Non potrà mai segnarmi, questo è certo”
Certo. Come le quattro reti che Diego Armando Maradona gli rifilerà in partita..
Tuttavia quando Diego arriverà alla Bombonera fra i due non ci saranno
problemi e porteranno a casa la vittoria nel campionato metropolitano
del 1981.
Gatti insomma il capitano che riuscì a trasformare
l’ossessione dello storico presidente “bochense” Alberto J. Armando in
sogno, grazie a quella magnifica sera di Montevideo del 14 settembre
1977, appena dopo essere stato punzecchiato dal suo allenatore Juan
Carlo Alberto.
Quattro a quattro ai calci di rigore. Sul dischetto
per il Cruzeiro arriva Vanderley Lazaro, difensore tecnicamente blando
ed il ‘Loco’ lo sa. Lo annusa come un animale fa con una preda.
Hugo capisce che quel Vanderlei ha paura. Glielo legge negli occhi,
Il tiro è debole, poco convinto, poco angolato, poco tutto. Gatti si
butta alla sua sinistra e para il rigore. A trentatré anni l’indio con
la fascetta da matto in testa, fa diventare per la prima volta il Boca
Juniors campione del Sudamerica.
di Simone Galeotti.
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