Si, come darvi torto, alla fine resta un club modesto. Che ha trascorso
la maggior parte del suo tempo nelle divisioni inferiori del calcio
scozzese. Eppure il destino gli ha riservato il diritto di detenere un
record mondiale, che con molta probabilità non sarà mai battuto. Nel
1885 L’Arbroath FC batte il Bon Accord 36-0 in Coppa di Scozia, il
punteggio più alto di sempre in una partita di calcio di alto livello.
Tredici gol furono messi a segno da John
“Jockie” Petrie, anche questo un primato invidiabile, e la leggenda
vuole che il portiere Jim Milne, non abbia mai dovuto toccare un pallone
per tutta la durata dell’incontro, e, anzi, abbia trascorso l’intera
partita al riparo dalla pioggia insistente sotto un ombrello preso in
prestito da uno spettatore. Questo l’incipit della nostra storia, ora
serve contestualizzare, capire dove siamo, ci sarà utile per comprendere
il soprannome della squadra che stiamo trattando. Arbroath allora. La
cittadina si trova sulla costa nord-est della Scozia, sopra Edimburgo,
ed è uno di quei piccoli porti che nelle fotografie appaiono
incantevoli, se amate la “wilderness” e il mare tempestoso d’inverno,
con le onde bianche di schiuma che si formano già al largo. Certo, ci
sono mari peggiori, ma anche sulla costa orientale scozzese i venti, che
si trasformano in raffiche senza una ragione apparente, riuscivano a
spingere contro le rocce affilate i battelli minori. Navigare da queste
parti significava rischiare due volte, a causa della natura e degli
umani. Le popolazioni rivierasche, come spesso sono etichettate nei
libri di geografia, erano associate a quattro straccioni affamati che
passavano la giornata a scrutare l’orizzonte sperando che qualche nave
in difficoltà naufragasse nelle loro terre, appropriandosi poi del
carico con l’attenuante di quello che veniva chiamato il “diritto di
preda”. E non conoscevano pietà davanti ai corpi distesi sulla sabbia o
che galleggiavano nell’acqua: vivi o morti dovevano essere subito
eliminati per non richiamare l’attenzione. Spesso erano loro a provocare
i disastri, attirando di notte le barche condotte da piloti inesperti
verso i fondali più pericolosi della zona. E quando si cominciò a
parlare di fari, una deputazione di Arbroath ebbe la faccia tosta di
andare a Edimburgo a protestare, come dissero, contro l’iniquo progetto.
Nel dicembre 1799 una tempesta che ricordava, per intensità
distruttiva, quella che aveva annientato duecento anni prima
l’Invincibile Armada spagnola, spedì sugli scogli settanta navi,
compresa la nave da guerra “HMS York” con sessantaquattro cannoni e ben
cinquecento uomini. Questa volta anche il Parlamento inglese, che
normalmente non si preoccupava troppo di quello che poteva accadere
oltre il confine con la Scozia, sentì il dovere di intervenire. E in
poco tempo, anche se il via ai lavori arriverà soltanto nel 1806, si
decise di costruire un grande faro a quindici miglia da Arbroath.
Sarebbe stato il primo Pillar Rock di Scozia, ossia il primo faro a
colonna: un grande pilone alto 36 metri e poggiato su una scheggia di
roccia che s’innalzava per oltre ottocento metri dal fondale. Per
costruirlo venne assegnato l’incarico al Northener Lighthouse Board,
l’ente responsabile dei fari, fondato una quindicina d’anni prima. Fu
un’impresa straordinaria perché si doveva lavorare con una marea che
provocava un dislivello di sei metri ogni sei ore. In ogni caso poco più
di quattro anni più tardi, il primo febbraio del 1811, ventiquattro
lampade squarciarono il buio del mare del Nord, e il Pillar Rock
cominciò la sua carriera di faro più famoso di Scozia. Nelle belle
giornate chi si mettesse a guardare verso l’orizzonte dal lungomare di
Arbroath noterebbe in lontananza come un ago tremolante e luccicante che
sembra ballare sopra il mare. Chi l’aveva progettato portava un nome
non particolarmente famoso allora: Robert Stevenson. Il Northener
Lighthouse Board, con la sua sigla altisonante, era solo una facciata a
copertura, nemmeno tanto ricercata, di un gruppo di affaristi che faceva
pagare una sorta di pedaggio ad ogni nave per avere utilizzato o
beneficiato in qualche modo della sua luce. Circa novanta fari vennero
costruiti su ordine dell’ente Northener in un arco di circa sei
generazioni: fari costruiti a pelo dell’acqua; o in cima a roccioni
protesi nell’aria su isolotti che chiudevano una baia; o ai confini più
remoti della Scozia, su isole di cui nessuno conosceva il nome. Non
esisteva un modello unico al quale ispirarsi, esistevano esigenze di
illuminazione e anche di semplice avviso. Il faro di Chanonry Point si
trova alla fine di un campo di golf; il Cromarti Lighthouse segnala
l’ingresso di un fiordo una volta frequentato dai pirati e ora dagli
studenti della Aberdeen University per studiare i delfini; in quanto al
faro chiamato Rattrai Hed, che ha una portata di ventiquattro miglia, ci
sono voluti 43 anni di carteggio tra l’Inghilterra e la Scozia solo per
ottenere il permesso di costruzione. Se consentite un parere personale,
il più bello dal punto di vista paesaggistico forse è l’Ismore, il cui
guardiano si chiamava Robert Selkirk, discendente da quel Selkirk che è
stato il modello per il Robinson Crusoe di Defoe. L’ultimo faro
costruito dalla pregiata ditta risale a prima della seconda guerra
mondiale. Tuttavia da questo monopolio la famiglia non trasse tutti i
possibili vantaggi perché non riuscì ad avere nemmeno un brevetto sulle
innovazioni tecniche. Ci sarebbe da aggiungere che proprio in questo
villaggio di pescatori fu stipulata la cosidetta “Dichiarazione di
Arbroath”, firmata dai nobili della Scozia nel 1320. Un documento unico a
suo tempo, dove si dichiarava la Scozia regno indipendente con Robert
the Bruce scelto come suo leader. Con essa gli scozzesi sarebbero
rimasti fedeli non al re che legittimamente governava ed esigeva
obbedienza dai sudditi, ma a Robert the Bruce finché egli avrebbe difeso
la Scozia contro gli inglesi. Il calcio arriva nel 1878, in seguito a
una riunione tenutasi presso l’Hotel George in Commerce Street, dove si
fonda l’Arbroath Football Club. A parte il primo incontro ufficioso che
vide un gruppo di giocatori di Rugby locali, affrontare il St. Clements e
perdere 4-0, la prima vera partita ufficiale venne disputata nel
settembre di quello stesso anno contro il Dundee uscendone vittoriosi
per tre reti a zero. Questa la formazione che scese in campo: W.
Schollay, J. Devlin, Cowie (o Edwards), J. Milne, W. Mill, Bruce,
Alexander, W. Steele, R. Meffan, D. Salmond, J. Scott. Nel 1880 arriva
anche il terreno di gioco definitivo, si chiama Gayfield, e si trova nei
pressi di una discarica adiacente al mare. Umido e ventoso, un luogo
non propriamente adatto a chi soffre di reumatismi. Ma un vero gioiello
di tradizione calcistica, dove nei giorni di burrasca non preoccupatevi
troppo se qualche onda si infrange sulle stand. Comunque fa niente, in
quel momento occorreva un posto dove giocare e andò benissimo quello,
tanto che ancora oggi è lo stadio dei Red Litchies. Ed ecco la naturale
associazione con i fari. L’impianto sarà inaugurato in una partita di
Coppa di Scozia contro il Rob Roy Callender con una vittoria per 2-1,
dove si mise in luce il primo capitano della squadra John Deviln, che
verrà in seguito cercato anche dai Rangers come del resto Billy Steele,
ma entrambi decisero di muoversi verso sud scegliendo in quel caso il
Bolton Wanderers, una delle società più ambite dell’epoca. Nel 1884 dopo
che intanto il club ha abbandonato gli iniziali colori bianco e nero, e
adottato la tradizionale divisa “maroon” l’ Arbroath batte i Rangers
4-3, ma gli ospiti espongono vibranti proteste al termine del match per
le evidenti misure ristrette del rettangolo di gioco, tant’ è, che a
controlli avvenuti la federazione deciderà di far rigiocare l’incontro
che questa volta, in un perimetro corretto permette ai Rangers di
imporsi per ben 8-1. L’Arbroath frattanto nel 1891 divenne uno dei
fondatori della Northern League vincendo il titolo nel 1893. Ora prima
di tornare a quella famosa partita, occorre dire che per pura
coincidenza, in quello stesso giorno in un altro match sempre di Coppa
di Scozia, giocato ad appena venti chilometri da Gayfield Park, il
Dundee Harp sconfisse l’ Aberdeen Rovers 35-0. E addirittura sembra che
sia mancato un goal, ma forse un distratto telegrafista batté questo
risultato. Ovvio che venga da sorridere. Insomma però tredici gol di
John Petrie.. un ragazzotto dal baffetto curato e le sopracciglia
ammiccanti, ma anche gli altri dieci membri del leggendario team Red
Lichties sono sicuramente degni di nota. Il portiere, come detto in
precedenza era Jim Milne senior, noto anche come "Auld Milne", o "l’uomo
dagli occhi d’Aquila", come una volta è stato descritto. C'era così
poco da fare per Milne quel giorno di pioggia, che ha preso in prestito
un ombrello da un amico in mezzo alla folla per cercare di mantenersi
più asciutto possibile. Collie Bill e Tom Salmond erano i terzini,
mentre Hen Rennie, Jim Milne junior e Dyken Bruce (successivamente
capocannoniere dei Lichties nella stagione 1878) costituivano la linea
mediana. Milne era particolarmente noto per la sua capacità vocale, si
narra che in qualsiasi momento, senza cali di voce, comandava alla
perfezione ognuno dei giocatori in campo riprendendoli vigorosamente in
caso di errori, mentre Johnny Tackett, Jim Marshall, David Crawford e
Jim Buick erano gli altri là davanti insieme a Petrie. Il risultato
resterà un punteggio incredibile aldilà del momento pionieristico del
gioco del calcio, e addirittura il bilancio finale sarebbe potuto essere
ancora più corposo, se l’arbitro Dave Stormont avesse adottato una
linea meno morbida con il team di Aberdeen. La sfortunata squadra del
Bon Accord e del suo portiere, il povero Andrew Lornie, a dirla tutta
era solo un club di cricket che era stato invitato a competere per
errore. Il punteggio secondo alcuni avrebbe potuto arrivare a 43 centri,
ma diverse reti furono annullate per discutibili fuorigioco. Anni dopo
lo stesso direttore di gara Stormont disse: "Il mio unico rimpianto è
che ho annullato sette gol e non sono sicuro che tutti fossero da non
assegnare, ma quelli di Arbroath quel giorno erano talmente veloci che
era difficilissimo seguire le loro azioni”. Arbroath: la luce rossa
dell’Angus.
Tratto da Rule Brittania
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